sabato 4 febbraio 2012

Pace: un diritto o una conquista?


“Preparare la guerra è l'unico modo per mantenere la pace.”
George Washington


Pace. Quante volte si sente parlare di “pace”. Pace politica, pace religiosa, pace interiore, pace dei sensi, essere in pace con se stessi, lottare per la pace. Ma la pace esiste davvero? E' una condotta morale applicabile in ogni arco di tempo, ad ogni angolo di spazio, ad ogni essere vivente sulla faccia della Terra? Può realmente esistere un mondo fatto di pace a tutti gli effetti? E' difficile trovare una risposta reale a tutte queste domande, per non dire impossibile. Nessuno è stato mai in grado di definire il vero significato di pace, la sua essenza profonda, la sua indole concreta. Eppure nel corso della storia gli uomini hanno sentito il bisogno morale di creare un'esistenza pacifica in cui vivere liberamente. Hanno lottato affinché fossero ammessi i loro diritti, hanno combattuto ardentemente per vedersi concessa la libertà di espressione, hanno creduto di poter costruire con le  proprie forze un futuro migliore, hanno perso la vita per raggiungere la pace.


Una pace oggi considerata utopia, desiderio nascosto di ogni uomo, se non ormai dimenticato. Non si pensa più alla pace; basta dire “la pace non esiste” per archiviarla nel lato più oscuro della coscienza, per reprimere nel vuoto un sogno di interesse globale, a cui ormai si riserva scarsa attenzione. Nessuno riesce a parlare di pace: il motivo di fondo, probabilmente, è il fatto che la quasi totalità delle persone ignora il significato di guerra: non si conosce la sensazione che si prova nel sentirsi attorniati da soldati, nel vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo, nel cercare di essere felici quando tutto intorno è solo caos e buio. La società contemporanea è portata a concepire la pace come frutto di un'esistenza paradisiaca, come sentimento perfetto al limite del possibile, come forza creatrice di un mondo senza alcun dubbio o problema. In realtà, la pace andrebbe inquadrata da un altro punto di vista: bisognerebbe pensare alla pace come esempio di riconciliazione, come punto di partenza e non punto di approdo. La convinzione che la pace possa esistere realmente dovrebbe partire dal cuore di ognuno di noi: non bisognerebbe sognare in grande, ma partire dalle cose più piccole, dai litigi quotidiani, dai semplici momenti di discussione per giungere ad un clima di pace famigliare da estendere ad ambienti più ampi. La pace non è un diritto, la pace si conquista. Gradualmente. Partendo dalle cose più insignificanti.
Gandhi riservava un giorno della settimana al silenzio, perché era convinto che il parlare rompesse la sua pace interiore. Così ognuno di noi dovrebbe riservare parte del suo tempo al porre le basi per una grande pace.
“Non importa quanto insignificante possa essere la cosa che dovete fare: fatela meglio che potete, prestatele tutta l'attenzione che prestereste alla cosa che giudicate più importante; infatti sarete giudicati da queste piccole cose.” Gandhi.

Giusy Peluso IB cl.

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