Veniamo da un decennio di crisi e di progresso, due concetti
solo apparentemente antitetici; la società in cui viviamo sembra essere
caratterizzata da un “frenesismo”, dallo scorrere veloce del tempo, da ritmi
serrati che lo inseguono, da una voglia matta di scoprire il proprio talento e
seguire determinati percorsi più o meno ambiziosi.
Oggi giorno, in ambito letterario, c’è chi scrive saggi
spinto dalla voglia di esprimere il proprio pensiero su un determinato
argomento; chi compone romanzi di ingegnosa fantasia; chi scrive articoli o
recensioni di mestiere, ma della poesia non vi è alcuna traccia, fatta
eccezione per quel Trastruemer, vincitore inatteso del nobel 2011. Eppure mezzo
secolo fa la poesia rappresentava ancora uno strumento di riflessione, in grado
di trasmettere emozioni come nessun altro genere letterario riusciva.
Sono passati quasi due secoli da quando Leopardi ci aveva
messo in guardia contro il progresso, dal momento che non lascia spazio
all’immaginazione; ebbene, sembra proprio questo il motivo per cui la poesia
non trova spazio nella nostra società. Montale, in un discorso sulla poesia
tenuto presso l’Accademia di Svezia,
disse che “il tempo si fa più veloce”; questo a conferma del fatto che un
diciottenne oggi è legato ad una miriade
di impegni scolastici ed extrascolastici e quando si ritaglia il suo tempo
libero cerca di staccare il più possibile, dedicandosi ad attività pratiche e
non certo alla riflessione. Al contrario, al tempo dei grandi poeti, un
diciottenne aveva già maturato un suo pensiero, delle proprie opinioni e
persino dei forti sentimenti da comunicare all’altro; avendo in genere limitata attività sociale, faceva
della riflessione la sua occupazione principale.
È la nostra società, dunque, che ci lascia poco tempo per
riflettere ed immaginare.
A questo punto sembrerebbe proprio che la poesia sia
destinata a scomparire; alcuni critici affermano però che la poesia non morirà
mai del tutto. Come farà allora la poesia a trovare spazio nella società di
massa in cui viviamo? Come farà a non morire del tutto? O meglio, che fine ha
fatto la poesia?
Per rispondere a queste domande bisogna prima soffermarsi su
che cosa si intenda per poesia. Poesia non è un banale genere letterario, fatto
di rime e versi: poesia è una forma d’arte e i poeti sono fondamentalmente
artisti. Tutti noi potremmo essere capaci di comporre un testo che abbia la
struttura della poesia, ma solo un artista sa trasmettere i suoi sentimenti,
rendendoci protagonisti del suo lavoro sublime.
Quale forma d’arte se non la musica presenta oggi sembianze
simili? È la musica la poesia dei nostri giorni. Molti giovani dedicano la loro
vita a comporre versi e rime per le loro canzoni: chi critica la società
scrivendo rime in stile rap, chi con la pop music parla della vita quotidiana,
chi in stile rock cerca di ricordare i tempi passati e chi isolandosi nella
melodia del jazz compone poesie strumentali. Sono musicisti i poeti del XXI
secolo. Molti potrebbero non essere d’accordo perché oggi i musicisti non sono
spinti dalla vocazione autentica quanto dalla voglia di emergere, di essere al
centro dell’attenzione. Non tutti però appartengono a questa categoria; alcuni
sono degli artisti, e se così non fosse non si spiegherebbe il motivo per cui le
loro canzoni trasmettono emozioni e sentimenti forti, ci coinvolgono
emotivamente, così come la poesia ha
saputo fare per tanti secoli.
Antonio Ciullo VB Sc.
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